Nel blu: il mondo capovolto
Qualche giorno fa i balconi e le finestre si sono colorati di tanti arcobaleni e spezzavano quegli archi variopinti i tanti tricolore che ondeggiavano al vento marzolino. I bambini, sulle spalle delle mamme e dei papà non avevano paura e salutavano i vicini di casa che fino a qualche giorno prima gli avrebbero riempito le guance di baci e pizzicotti. Le vecchie, chiuse nelle crocchie composte, sogghignavano cercando di nascondere i loro sorrisi sdentati e persino gli anziani più scontrosi hanno abbozzato una smorfia divertita. Per una volta, come Cosimo Piovasco di Rondò,1 ho guardato il mio quartiere dall’alto spaziando da un appartamento all’altro per chilometri e chilometri. La parrucchiera del dodicesimo piano pareva più malinconica del solito e, nonostante stesse bevendo l’ennesimo caffè virtuale con una delle sue tante clienti, circondata da un castello di smalti e limette per le unghie, mi sembrava triste e sola. Una mamma rassicurava la figlia accarezzando quel tablet che una volta le faceva così paura, e le diceva di non tornare, di stare in quella casa che l’universitaria non aveva mai sentito sua, in una città che non le era mai apparsa così lontana come allora. Le mani alternavano carezze a divieti e i palmi morbidi e delicati si irrigidivano in un indice severo.
Le luci dei balconi e le voci risuonavano come durante i mondiali di calcio, le bandiere erano le stesse, e a nessuno sembrava dar noia il volume troppo alto dei televisori. I cani scodinzolavano su quelle verande che adesso erano giardini, parchi, piazze. Era come se il mondo si fosse capovolto e come se il cielo tra un palazzo e l’altro nel quale fino a poco tempo prima volavano gli uccelli fosse diventato asfalto. Adesso i piccioni saltellavano indisturbati sul selciato di sampietrini solleticandolo, e le fontane gocciolavano sempre più affannosamente alla luce dei lampioni che troneggiavano lungo le strade vuote.
Mi chiedevo cosa stesse facendo il signor Baracca, un burbero vecchietto incanutito che era stato una volta un aviatore. Il rumore dei suoi passi era scandito dal bastone sul quale aveva fatto incidere i versi della sua canzone preferita. Cinquantasei quelli che lo portavano dal salotto alla cucina, quattordici quelli dal bagno alla camera da letto, otto quelli dallo studio al balcone, eppure nelle ultime due ore non si era mosso nonostante il vocìo, la musica, gli arcobaleni. All’improvviso quegli otto passi mi fecero tirare un sospiro di sollievo, e ancor di più fu la meraviglia quando dal cielo scese una pioggia di aeroplanini di carta di ogni forma e di ogni colore, ciascuno era decorato col verso di una poesia, di una canzone…E così mentre le case si riempivano di DC-07, jet e boeing, riecheggiavano dalle finestre le parole dei poeti e il signor Baracca, con tanto di occhialoni, cantava a squarciagola “felice di stare lassù”.
Deep blues: the world turned upside down (translation Marino Forlino)
A few days ago, all the balconies and windows were decorated with many rainbows and the various Italian flags fluttering in the March breeze punctuated the multicolored arches of colonnades. Children, on the shoulders of their parents, waved, unafraid, to their neighbors who until just a few days before would have assailed their cheeks with kisses and pinches. Elderly women, wrapped in their impeccable buns, giggled, attempting to hide their toothless smiles. Even the grumpiest elders revealed a satisfied smirk on their faces. For once, just like Cosimo Piovasco di Rondò, I saw my neighborhood from above, stretching from one flat to another for miles and miles. The hairdresser on the twelfth floor looked more melancholy than usual and even though she was drinking the umpteenth virtual coffee with one of her many clients, surrounded by a castle of nail polishes and nail files, she seemed wistful and lonely. A mother, on a video call with her daughter, caressed the screen of the tablet (which had once scared her to death), reassuring her daughter but urging her not to come home, to remain in the apartment that the young university student had never called home, in a city that had never before appeared so far. The mother’s hands alternated between caresses and admonishing taps, her soft and delicate palms tensing into one pointed index finger.
The lights from the balconies and the voices resounded like they used to during the soccer world championships. The tri-colored flags were the same and nobody seemed to mind the high volume of the televisions. Dogs wagged their tails on verandas that had replaced their gardens, parks, and squares. It was as if the world had been turned upside down and the sky, in which birds had flown among the buildings until just a while ago, had become asphalt. Pigeons pranced about undisturbed and skipped on the sampietrini cobblestone tickling it, while the fountains dripped more breathlessly beneath the light of the lampposts towering above the empty streets.
I wondered what Mr. Baracca would be doing. He was an old white-haired curmudgeon who had once been an aviator. The sound of his footsteps was marked by his cane, upon which had been carved the lines of his favorite song. Fifty-six steps would take him from the living room to the kitchen, fourteen from the bathroom to the bedroom, eight from his office to the balcony. However, he had not moved for the past two hours, notwithstanding the chatter, the music, and the rainbows.
All of a sudden, the sound of those eight steps made me breathe a sigh of relief and my astonishment grew even more when a gust of paper airplanes rained down from the sky. They came in many shapes and colors, each adorned with the line of a poem or a song. While apartments were flooded with miniature DC-07s, jets, and airliners, the poets’ words echoed and Mr. Baracca, wearing his old flying glasses, was singing at the top of his voice, “felice di stare lassù” [“happy to remain up above”].
1. The protagonist in Italo Calvino’s Il Barone rampante [The Baron in the Trees]↩
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