La voce del silenzio: l’entrata nella zona rossa

D’improvviso il telefono, che silenzioso era riposto nella tasca destra del mio cappotto, inizia a squillare furiosamente. 1, 2, 10, 20 messaggi. Preoccupata, inizio a leggerli. Ognuno recita la medesima frase: «Laura, l’Italia è diventata tutta zona rossa. Torna a casa il prima possibile». In un attimo torno con i piedi per terra, e tutta la meraviglia che mi circonda, sprofonda in un turbinio di panico, ansia, agitazione. Mi trovo sul Pont des Artes, sono le 22 del 9 Marzo 2020. Il mio cuore d’un tratto è diventato pesante, il sorriso in volto è svanito, e i suoni della città sono offuscati dal rumore assordante proveniente dal mio cellulare. Con le mani tremanti, e gli occhi lucidi, riesco, in poche ore, a trovare un volo per l’indomani sera. Così, inizio a raccogliere le idee, insieme ai miei oggetti, cercando di mantenere la calma e di capire cosa realmente stia succedendo.

Aeroporto gremito di hostess atterriti e persone smarrite. Alle 21.30 atterro a Napoli. Tiro un sospiro di sollievo. Nel parcheggio vedo la macchina che mi aspetta, pronta a portarmi via, ad allontanarmi da tutti e da tutto. Mentre mi allaccio la cintura di sicurezza e il motore si accende, mi sento come uno di quei dieci giovani, protagonisti del Decameron che, per sfuggire alla peste, si rifugiarono nelle campagne toscane, lasciandosi alle spalle la città. Ed io, in questo preciso momento, sono proprio come loro: giovane, piena di sogni, che per sfuggire ad un nuovo virus, mi ritiro nella mia casa in campagna. Abbandono la città, con tutti gli affetti, con tutta la mia vita.

Silenzio. C’è un gran silenzio, adesso, nella mia quarantena, a cui non ero abituata. Seduta sulla terrazza, permetto al sole di scaldare i miei pensieri. Osservo. Intorno a me illimitate distese di prato verde, su cui fanno capolino delle minute, flebili, margherite. In lontananza, montagne immani, maestose, le cui vette sfiorano il manto blu del cielo fulgente. Le candide nuvole, che spezzano il profondo azzurro, danno forma, e fanno vivere le mie fantasie: ecco che vedo un cane che sta correndo, un berretto, forse abbandonato da qualcuno in fuga, un cuore… Chiudo gli occhi. Ascolto il mio respiro, il battito del cuore. Riesco a vedere tutto ciò che mi manca, che da giorni, e chissà per quanti altri ancora, mi è stato strappato. Vedo il cancello ancora aperto della biblioteca dove ogni mattina mi recavo insieme alle colleghe. Vedo i loro volti sorridenti, riesco a sentire le nostre chiacchiere, le nostre risate. Percepisco ancora la nostra gioia, la stanchezza di quelle lunghe giornate passate sui libri. Assaporo il nostro solito caffè, nel nostro solito bar. Ho tutto lì, nella mia mente, nel mio cuore. Ma adesso quel cancello è chiuso, come la serranda del nostro bar, e quei banchi, che ospitavano i nostri numerosi manuali, oggi sono vuoti. In quell’aula, in quell’edificio, in quella via, c’è solo silenzio. Tutto è chiuso, come la porta della mia casa, come quella delle mie amiche. Ognuno ha una porta chiusa davanti a sé, che la separa dal resto del mondo. Mi sento sradicata, vacua, sola. La terra ha tremato sotto i piedi, e le luci si sono offuscate. Tutto si è fermato. In questa immobilità totale, solo il tempo continua a trascorrere lentamente, senza far rumore. Riapro gli occhi. Uno storno di uccelli vola sopra la mia testa. Il loro canto mi fa sorridere, mi fa sperare. È qui fuori che riesco a stare meglio. Lontana dai volti angosciati, dagli occhi in cui puoi leggere ogni emozione negativa. Lontano dal grande schermo, che in questi giorni ha solo notizie negative, terrificanti, pronte a farti sprofondare ancor di più nel terrore. Penso alle persone, ai loro sentimenti, a come questo potrà sconvolgere le vite di ogni singolo individuo. Ma è nel mio rifugio, nel mio silenzio, nel silenzio di ognuno, è lì che trovo la speranza. Penso a quanto sarà bello rivedersi, sorridersi, riabbracciarsi. Penso a quando le nostre porte saranno nuovamente tutte aperte, e il nostro cuore straboccante di felicità. Adesso mi siedo, e mentre vi racconto questa breve storia, nella mia verde e soleggiata campagna, aspetto che tutto passi…e intanto sogno l’Amore.

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